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Fino al IV secolo la filosofia non si era fermata su quella che è l'esistenza personale: partita esaminando l'esterno, la natura, le cose, in seguito aveva elaborato un duplicato del mondo sensibile con un altro mondo, che di quello sensibile era l'archetipo e il modello. Senza dubbio, i dotti e i sofisti si erano occupati pure del problema umano; ma non avevano notato che il mondo interiore differisce da quello esterno in maniera essenziale, e lo avevano descritto desumendo la terminologia dal mondo della natura o da quello dell'astrazione. Quando sorsero le polemiche sulla Trinità e sul Logos incarnato, si dovette tradurre la fede degli apostoli con il linguaggio dei Greci, che era diventato il linguaggio della gente istruita, e si dovettero attribuire significati nuovi a sostanza, ipostasi, natura, persona, relazione. In tale contesto si sviluppa il pensiero di Gregorio di Nissa, che diede alla relazione il significato interiore che oggi anche noi vi attribuiamo. Insieme all'approfondimento del significato dei nomi divini di Padre, Figlio e Spirito, e quindi delle relazioni immanenti alla natura divina, egli diede significato alla dimensione interiore dell'essere umano creato a immagine di Dio: come in Dio vi sono relazioni eterne e immutabili, così nell'uomo e nella donna le relazioni acquistano la prospettiva di una dimensione che li muta interiormente, li nobilita o li appesantisce, li manipola o li divinizza. Lo studio qui presentato offre una disanima delle correlazioni presenti nel padre cappadoce tra lo sviluppo della teologia trinitaria e l'analisi dell'interiorità umana, fino a identificare un prima e un dopo rispetto alla scoperta dell'amore eterno che unisce e distingue il Padre e il Figlio nell'essenza dell'unico Dio, fino alla formulazione di un'antropologia trinitaria.